Da Benigni a Muti, diritto autore non è puro mercato (2)

(ANSA) – ROMA, 20 LUG –
“Le decine di milioni di opere oggi
disponibili in Italia attraverso la Siae, che sono create da
decine di migliaia di autori e usufruite da tante migliaia di
utilizzatori, non possono vivere ed essere gestite secondo
logiche di mercato”, sottolineano i firmatari della lettera,
Claudio Baglioni, Roberto Benigni, Bernardo Bertolucci, Andrea
Bocelli, Andrea Camilleri, Cristina Comencini, Paolo Conte,
Maurizio Costanzo, Francesco De Gregori, Pino Donaggio, Roberto
Faenza, Fabio Fazio, Rosario Fiorello, Paolo Fresu, Luciano
Ligabue, Dacia Maraini, Giuliano Montaldo, Gianni Morandi, Ennio
MOrricone, Riccardo Muti, Ferzan Ozpetek, Gino Paoli, Franco
Piersanti, Nicola Piovani, Michelangelo Pistoletto, Gigi
Proietti, Giulio Rapetti Mogol, Massimo Ranieri, Gabriele
Salvatores, Maurizio Scaparro, Giuseppe Tornatore, Carlo
Verdone. “Per questo la storia ed il nostro legislatore hanno
spinto per la gestione collettiva del diritto d’autore come
unica soluzione che consentisse a ciascun autore – senza
discriminazione rispetto alla notorietà degli autori – di poter
ricevere il frutto legittimo del proprio lavoro e di non essere
svilito”.
Ma oggi, avvertono, “il diritto d’autore viene vissuto, da
parte di qualcuno, come un puro mercato. Ciascun
individuo-autore è divenuto merce. Ogni opera è divenuta merce.
Tutto si è trasformato in logica di commodity. E soprattutto la
stessa gestione collettiva del diritto d’autore corre il rischio
di essere sacrificata sull’altare della concorrenza. Ma il
libero scambio non deve prevalere sull’identità culturale e
sulla certezza di assicurare agli autori ed editori il giusto
compenso del loro lavoro. Tutti questi principi riteniamo che
non debbano essere messi in discussione da questa Autorità”.
I firmatari si dicono “preoccupati non tanto per noi stessi
ma per tutti gli autori, soprattutto per quelli più deboli. Una
logica strettamente mercantile non dovrebbe essere auspicata da
una Autorità economica, né tantomeno da essa direttamente
imposta. E soprattutto un nuovo sistema non dovrebbe essere
deciso al di fuori e al di là delle scelte del Governo e del
Parlamento. La creatività è motore della nostra cultura. È stato
motore della nostra storia e deve essere fulcro del futuro della
 nostra Repubblica. Del nostro futuro può e deve discutere il
nostro Parlamento, attuando scelte di politica o come si suole
dire ‘di sistema’”.
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